Ieri
mattina ho inviato al Presidente della Repubblica una lettera sul tema. L’ho
postata nel Gruppo di FB “L’Agenda delle Donne per l’Italia Nazione Europea,”
lanciando subito dopo un evento per chiedere alle iscritte e agli iscritti di
inviare un’identica missiva.
Forse
qualcuno potrebbe interrogarsi sulla causa di tanto tempismo.
Perché
mai scomodare il Presidente per un semplice disegno di legge
approvato dal Consiglio dei Ministri, che non solo sarà suscettibile di
modifiche ma dovrà essere approvato dal Parlamento prima che il Presidente
della Repubblica si ritrovi a dover decidere se è il caso o non è il caso di
firmarlo?
A parer mio la ragione della tempestività è
ben fondata.
In un Paese che non sia il nostro un Governo e
un Parlamento durano abbastanza a lungo da permettere sia all’uno sia
all’altro azioni a lungo o medio termine; in un Paese come il nostro, no.
Già in tempi meno convulsi di questi, le
proposte di legge sul cognome finivano regolarmente nel cestino allo scadere di
ogni legislatura; figuriamoci se non c’è questo rischio con il tiro alla fune
che c’è adesso! Il Governo cadrà! No, il Governo non cadrà! Facciamo un
rimpasto! No, scarseggiano le materie prime, dalle competenze specifiche in
questo o quel settore (o in tutti quanti) sino al lievito della fiducia!
Insomma, se esiste una qualche possibilità che,
a distanza di più di 34 anni dal primo progetto legislativo (Magnani Noya) sul
cognome, questa legislatura porti a casa un risultato, sarebbe utile che
colui che alla fine di tutto l’itinerario dovrà apporre come legge prevede la
sua firma, faccia presente questo aspetto sin d’ora.
Rinviare un lavoro alle Camere, dopo approvazione
di entrambe di un errore, se il “consenso” venisse realmente introdotto,
significherebbe allungare ancora i tempi e avvicinarsi pericolosamente alla data
delle nuove elezioni. Meglio giocare d’anticipo e prevenire, utilizzando
tutti i modi legittimi, che si produca il possibile danno.
Il punto non è però solo questo. Finché
qualcuno supporrà che sia fattibile portare ancora al guinzaglio le donne, le
proposte che potrebbero essere - anzi che sicuramente saranno - presentate da
altre ed altri parlamentari (qualcuna peraltro c'è già) avranno vita dura,
tanto dura che sarà facile che si arrivi alle elezioni PRIMA che il
Parlamento abbia approvato qualcosa al riguardo e ciò che porterebbe, come al
solito, alla decadenza di ogni proposta esistente.
Basta dare uno sguardo al tipo di obiezioni suscitate nel corso degli anni dai
Ddl migliori delle passate legislature, per immaginare il tipo di dibattito
in aula.
Se così non fosse, un'ipotesi come quella del
CONSENSO non sarebbe nemmeno saltata fuori, nessuno si sarebbe sognato di
formularla ed è invece altamente probabile che sia stata non solo pensata ma espressa,
visto che non ci si è presi la briga di smentire un così macroscopico insulto
alla DIFFERENZA, alla caratteristica specifica di ogni maternità.
Che
chi ha proposto una simile ignominia e chi non lo ha bacchettato lestamente sia
reso consapevole FIN D’ORA dell’opposizione che troverà tra le donne, è cosa
che non soltanto non guasta ma che serve. Serve a costoro capire che si andrà
a contestarli a muso duro, serve alle donne cominciare finalmente a
riflettere sulla natura dell'intero problema prima che un nuovo danno si
produca.
Le
donne non si sono mai mobilitate per questo. Non si otterrebbe con un
semplice schiocco di dita l’adesione a un’eventuale manifestazione di piazza
necessaria. Perché nessuna ha mai aperto bocca per criticare un aspetto del
per altri versi accettabile Ddl 86 della XVI legislatura, che privilegia di
fatto un genitore, guarda caso proprio quello che non nutre e poi partorisce SUO
figlio?
Riporto
adesso il testo della lettera, con una premessa per chi volesse aderire all’iniziativa,
inviando a sua volta al Quirinale.
Oggetto: Ddl
cognome, possibile nuova violazione dell’art.14 della CEDU
Sottoscrivo,
Signor Presidente, la lettera inviataLe il 15 Gennaio 2014 da Iole Natoli,
che qui riporto, avente per oggetto la segnalazione di una nuova possibile
violazione dell’art.14 della CEDU.
Egregio
Presidente,
il 5
agosto del 2012 ho lanciato una Petizione in cui disegnavo una Proposta di
legge in dieci articoli per il doppio cognome paritario ai figli, testo che
ha raggiunto fin qui le firme di 1813 sostenitori.
Benché
convinta da sempre della superiorità della formula del solo doppio cognome
rispetto a quella di un cognome unico a scelta e ciò soprattutto
nell’interesse dei figli, dopo la recente sentenza di condanna per l’Italia
emessa dalla Corte Europea, ne lanciavo una lievemente diversa, con cui
mostravo come al doppio cognome fosse possibile affiancare l’opzione di una
scelta, senza ledere la pari dignità dei genitori.
Ne
avevo pochi giorni prima lanciato un’altra, con la richiesta di una modifica
del DPR attualmente in vigore per il cambiamento di cognome.
Oggi,
le voci secondo le quali un Ddl discriminante per le donne starebbe per
introdurre IL CONSENSO del padre per l’acquisizione del cognome materno da
parte del figlio, m’induce a chiederLe fin d’ora di NON FIRMARE, quando le
verrà sottoposta per l’approvazione, una Legge che violerebbe nuovamente la
Convenzione non più per il combinato degli articoli 8 e 14 ma solamente e in
pieno per non
rispondenza
all’Art 14, che vieta ogni discriminazione basata sul sesso.
Non
voglia passare alla storia, Presidente, come colui che consentì una
riedizione della vergognosa autorizzazione maritale del 1865, sia pur
limitata alla questione del cognome dei figli.
La
prego di gradire i miei saluti
Firma
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delle tre petizioni:
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